28 novembre 2007

Individualismo

Isole.
Ecco quello che vedo ogni giorno.
In treno, metro, autobus. A piedi in giro per Roma.
Tanti individui persi nei loro pensieri,
isolati dal resto del mondo.
Te ne accorgi perché dalle loro orecchie spuntano degli auricolari.
Gli auricolari che gracchiano le musiche più disparate e improbabili.
A volumi disumani, talvolta.
A parte i volumi disumani, io sono uno di quelli.
Ho comprato il primo walkman durante il primo anno d'università.
Cerco di estraniarmi dal mondo da quasi 14 anni ormai e
in tutto questo tempo non ho potuto fare a meno di notare che
è aumentato considerevolmente il numero di persone che
ascoltano musica con lettori mp3, cd, cellulari, ecc.
Mi sono sempre considerato avulso da ogni moda e
ritrovarmi uniformato alla massa non è stato piacevole.
Anche se quello che più mi preoccupa la consapevolezza che
un numero sempre crescente di persone tende ad isolarsi
dal resto del mondo, ad accentuare la propria individualità...
"OGNUNO A RINCORRERE I SUOI GUAI
OGNUNO COL SUO VIAGGIO
OGNUNO DIVERSO
E OGNUNO IN FONDO PERSO
DENTRO I CAZZI SUOI"

26 novembre 2007

Piccolo spazio, pubblicità


Il mio amico Flavio sta vivendo il suo anno zero
(come lo chiama lui): ha lasciato il suo lavoro
in una nota catena di fast food dopo otto anni,
ha vinto un concorso e, ultimo ma non meno importante,
è stato appena pubblicato il suo primo libro
(ne seguirà un secondo l'anno prossimo):
un libello sui pensieri contenuti nelle varie opere di Platone
riguardo la democrazia, ovvero una critica agli attuali sistemi di governo.
Nonostante si tratti di scritti vecchi di millenni,
sono di un'attualità sconcertante!
Se volete approfondire o siete semplicemente curiosi,
qui trovate altre informazioni.
Ad maiora!

19 novembre 2007

Queste parole andrebbero scolpite

Il Buongiorno di Massimo Gramellini
(da "La Stampa" del 13 novembre 2007)

Riprendiamoci lo Stato

Quei teppisti non sono l’Italia, sospira il Presidente della Repubblica, osservando avvilito dal Qatar le immagini dell’assalto ultrà alla caserma di Roma. Non c’è dubbio. Ma allora qual è l’Italia che in queste ore dà così misero spettacolo di sé nei telegiornali di mezzo mondo? Quell’Italia siamo anche noi giornalisti, che invece di dare la notizia dell’assassinio di un ragazzo al casello autostradale, annunciamo che è stato ucciso un tifoso.

Senza minimamente considerare l’effetto che una simile frase potrà provocare nella crapa bacata dei violenti in procinto di andare alla partita: la frequentazione quotidiana con le dichiarazioni volatili dei politici ci ha indotti a dimenticare il potere devastante delle parole.

Quell’Italia sono certi poliziotti sotto pagati e male addestrati, mandati allo sbaraglio da superiori che poi cercano goffamente di proteggerli: non ci è toccato addirittura ascoltare che all’agente «era partito un colpo»? Quell’Italia è uno Stato di diritto dove il diritto è un consiglio, una traccia, uno stato d’animo: i protagonisti della rissa all’autogrill non sono stati nemmeno denunciati. E il ragazzo ammazzato, per il solo fatto di essere una vittima, è diventato già un santo, anche se dentro l’auto in cui è morto gli amici suoi non tenevano bandiere e fischietti, ma coltelli, biglie e sassi. Quell’Italia sono migliaia di teste vuote e i loro genitori ed educatori, tv compresa, che non hanno fatto nessuno sforzo per riempirle con qualche valore che non fosse quotato in Borsa. Quell’Italia è il Paese dove non si arriva mai al fondo di niente e tutto rimane in superficie, a cominciare dai nervi. La calma è dei forti e noi siamo deboli, isterici, fragili: quindi agitati. Le istituzioni non producono progetti ma gesti dimostrativi, sull’onda dell’emozione, possibilmente in tempo utile per sbarcare nei tg. L’ultimo è vietare le trasferte ai violenti, il classico cioccolatino duro fuori e morbido dentro, dato che sono già previste decine di deroghe ed eccezioni. E la contestazione dell’aggravante di terrorismo ai teppisti di Roma? Al processo sarà sicuramente derubricata, ma intanto dà l’illusione di uno Stato che sa il fatto suo, mentre non sa nemmeno sfogliare un calendario, per cui annuncia solennemente che domenica i campionati si fermeranno, quando l’unico campionato che conta, la serie A, era già fermo di suo per la partita della Nazionale.

Quell’Italia è un governo che reagisce (male) alle disgrazie, ma non sa mai prevenirle. Dopo l’omicidio del poliziotto di Catania ci dissero: «Metteremo subito gli steward negli stadi come a Londra». Sono dieci anni che ci dicono che risolveranno il cancro degli hooligans come a Londra. Da quando a Londra lo hanno risolto, appunto. Adesso, un cadavere dopo, e nemmeno in uno stadio, veniamo a sapere che gli steward stanno finalmente per arrivare. Il primo marzo. Vale a dire fra quattro mesi. Forse sarebbe più appropriato travestirli da pesci e spostarli al primo aprile.

Quell’Italia rimane soprattutto un Paese dove piccole minoranze organizzate sottraggono alla maggioranza il diritto di esercitare i propri diritti. Succede nella politica, nelle professioni. E negli stadi. Atalanta-Milan è stata sospesa perché dieci - non mille non cento, dieci - premiati soci della casta ultrà, roteando un tombino appena divelto, minacciavano di invadere il campo. A nulla è servito che decine di migliaia di spettatori muniti di regolare biglietto li contestassero al grido fin troppo tenero di «Scemi scemi». Quei dieci hanno fatto valere le loro regole. Le regole di chi esercita la sopraffazione con la violenza, coperto dall’ombrello di un’impunità che dirigenti e giocatori di calcio - mossi da un unico istinto: la paura - hanno contribuito in questi anni a consolidare, offrendo loro biglietti, magliette e cene gratis. E quale senso di sicurezza trasmette il capo della polizia, quando di fronte a un’orda che arriva a transennare le strade di un quartiere della capitale, spiega di aver ritirato i suoi uomini per evitare che diventassero un facile bersaglio?

Ha ragione il Presidente: quei teppisti non sono l’Italia. Ma neanche quell’Italia può continuare a essere l’Italia in cui vogliamo abitare. L’Italia che sa punire i poliziotti che sbagliano e premiare quelli che lo meritano, anche se non hanno raccomandazioni in paradiso. L’Italia che estirpa i violenti dagli stadi e dalle strade. E non protegge le caste, ma le persone. Perseguendo gli individui e non generiche categorie sociali: i tifosi, i romeni. L'Italia a viso aperto. Tollerante, giusta, decisa. Senza ferocia. Ma senza paura.

13 novembre 2007

Il vecchio Jack Burton...


Qui è Jack Burton del Pork-Chop Express che parla a chiunque sia in ascolto.
Come dicevo sempre alla mia ultima moglie, io mi rifiuto di guidare più veloce di quanto possa vedere e a parte questo è solo questione di riflessi.
I consigli del vecchio Pork-Chop Express sono preziosi,
specialmente nelle serate buie e tempestose,
quando qualche maniaco alto due metri e mezzo e con l'occhio sanguigno
vi artiglia il collo e vi pianta l'unica testa che avete
contro la parete di un bar chiedendovi se avete pagato il conto...
Voi fissate a vostra volta il primitivo negli occhi e
ricordatevi quello che il vecchio Jack dice sempre in casi come questi...
Domanda: 'Jack hai pagato il conto?'. 'Sì, ti ho spedito l'assegno per posta!'
Ragazzi con questo non voglio dire che sono un uomo di mondo e
che la vita per me non ha più segreti, anzi sono convinto che
il nostro pianeta ci riservi ancora molte sorprese e che
bisogna essere dei deficienti per credere che in questo universo siamo soli!


Che dire?
E' semplicemente uno dei film più divertenti che io conosca.
E che rivedo in continuazione... :)
Ah, se non l'avete mai visto, pentitevi:
si tratta di GROSSO GUAIO A CHINATOWN,
diretto da quel genietto di John Carpenter!